Giornata ATIAF sull’Alpe Campo La Torba – 19.08.2018

Alla presenza di una ventina di partecipanti tra soci ATIAF e simpatizzanti, in una bella e calda giornata estiva si è tenuta la visita all’Alpe Campo La Torba, che si raggiunge percorrendo la strada che da Fusio (alta Valle Maggia) costeggiando il lago Sambuco porta alla diga del Naret, luogo che offre un meraviglioso scorcio sulle montagne che circondano il bacino artificiale. L’alpeggio è sito in territorio di Val Lavizzara, ma di proprietà del Patriziato leventinese di Airolo che ne riceve il pagamento dell’affitto. Non ci sono documenti a testimoniarlo ma si presume che già nel XV secolo i leventinesi comperarono questo ed altri alpeggi perché temevano potesse essere una potenziale via d’accesso e d’invasione dei bellicosi Confederati svizzeri verso il Ducato di Milano, dato che queste zone all’epoca ne segnavano il confine.

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Da più di 100 anni l’Alpe Campo La Torba è gestito dalla Famiglia Dazio di Fusio. L’ultimo in ordine cronologico è Giorgio, che vi saliva già da “bocia” (giovane pastore e tuttofare) con suo nonno, suo padre e suo zio, e ora dopo 51 anni ci sale ancora con figli e nipoti. Il nonno di Giorgio aveva 11 figli, di cui sei maschi tutti alpigiani pastori. Giacinto, lo zio di Giorgio, ha addirittura fatto l’alpigiano pastore per ben 60 anni. Oggi ad aiutare Giorgio, ci sono quattro solerti operai di cui due devono fare i pastori e si scambiano per la mungitura, la salatura delle forme e altri innumerevoli lavori.

Fino al 1984-85 facevano tutto a mano poi il Patriziato di Airolo ha investito 1.8 mio franchi per migliorie con la fornitura di mungitrici meccaniche, la costruzione dei lattodotti (per facilitare il trasporto del latte dalle corti al caseificio), delle piste di accesso alle corti e l’ammodernamento del caseificio con una grande caldaia di 2’000 L. Pur essendo ubicato tra 2 dighe e quindi in una zona di intenso sfruttamento idrico, paradossalmente l’alpeggio non è dotato di corrente elettrica, ma vi possono lavorare grazie all’elettricità data da un potente generatore elettrico. Caricano l’alpe con un centinaio di vacche lattifere, un terzo di proprietà dei Dazio e le rimanenti provenienti da altre parti del Ticino e dalla Svizzera interna, oltre a ca. 150 capre e 25 maiali. Le vacche vengono munte a macchina, mentre le 150 capre sono munte ancora tutte a mano.

Le vacche vengono pascolate da metà giugno a metà settembre ca. in diverse corti: Campo di sotto, Grasso di Dentro, Garzonera, Forna, Narèt, Campo di sotto e Grasso di Dentro, situati dai 1520 ai 2313 m, mentre le capre godono di maggiore libertà per la ricerca delle migliori erbette nei dintorni. Dalle varie corti dove vengono munte meccanicamente le vacche, il latte viene convogliato attraverso un lattodotto (con struttura mobile in parte sotterranea) al caseificio di Grasso di Dentro per essere lavorato e trasformato. Qui viene prodotto il formaggio Campo La Torba Vallemaggia DOP, a base di latte di vacca (75-80%) e di capra (20-25%).

Il Campo La Torba Vallemaggia DOP ha ottenuto in varie occasioni ottimi risultati alla rassegna dei formaggi d’alpe ticinese che si svolge annualmente in autunno a Bellinzona. Altri prodotti di pregio sono certamente la buona mascarpa (ricavata dal latte siero con l’aggiunta di una piccola parte di latte fresco di capra per insaporirla ulteriormente) ed il burro. Tuttavia il prodotto che ha segnato in particolare la tradizione locale è certamente il “formaggio della paglia” a pasta molle da latte crudo. In origine veniva prodotto all’inizio della stagione quando le vacche arrivavamo dopo una lunga tratta a piedi all’alpe stanche e stressate dal cambiamento, da latte “stracc” stanco (il noto formaggio italiano “stracchino” prodotto in Italia ha la stessa origine). È una tradizione degli alpeggi di Fusio che risale già all’inizio del ‘900, quando trasportavano il formaggio nella paglia a cavallo fino a Locarno per poi inviarlo in treno fino a Genova e da lì pare arrivasse poi anche fino in America.

Trattandosi di un prodotto di difficile conservazione e trasporto, necessitava di cantine piuttosto fredde e con temperatura costante, e di pazienti cure giornaliere; variava facilmente di gusto e di qualità a seconda delle condizioni atmosferiche della giornata, della salute delle bestie, del tipo di pascolo, ecc, un prodotto pregevolissimo ma molto delicato e quindi facilmente deteriorabile, e proprio per questo motivo se ne è abbandonata la fabbricazione, anche se Giorgio Dazio ne fabbrica ancora alcune forme per pochi fidi clienti che lo sanno apprezzare. Quella del 2018 è stata una stagione alpestre ticinese iniziata bene grazie alla pioggia abbondante di giugno, poi seguito purtroppo da un periodo di caldo e forte siccità che hanno in parte compromesso l’erba ai pascoli sulle corti degli alpeggi, condizioni che hanno indotto alcuni alpigiani a dover scaricare l’alpe anticipatamente rispetto al solito.

Gli alpigiani svolgono un ruolo attivo sotto diversi aspetti, infatti oltre a produrre un impareggiabile formaggio, essi garantiscono con il loro lavoro la cura dei pascoli mantenendo vivo e vitale il paesaggio alpestre, patrimonio fondamentale per il turismo, senza di loro vi sarebbe un inesorabile degrado. È stata una giornata ricca di insegnamenti, umiltà, passione ed amicizia quella che la Famiglia Dazio ci ha regalato. Giorgio ci ha accolto con la sua bella Famiglia con grande ospitalità sottraendo tempo prezioso alle mille attività quotidiane. Colpisce la grande tenacia di quest’uomo, tipico della gente semplice di montagna, nel perpetuare una così forte tradizione da tanti anni con enorme passione. Dedito al sacrificio per la natura e per i propri animali, ma tutt’altro che chiuso su se stesso. Giorgio gestisce l’alpeggio con grande entusiasmo, per lui fare l’alpigiano è una scelta di vita, una vocazione, lo si fa finché si campa, e deve piacere altrimenti non si fa. L’alpigiano deve conoscere il territorio dove porta i suoi animali, i suoi pascoli, le erbe buone, deve sapere interpretare la meteo, deve conoscere bene i suoi animali e capire subito se non stanno bene, se hanno foraggio ed acqua a sufficienza, e questa è una grandissima responsabilità verso i propri animali. Il suo formaggio e` lo specchio di tutto questo. È una vita di fatiche, la giornata dell’alpigiano comincia alle 4 e 45 e termina dopo le 22, per buona parte dell’anno. L’ultima vacanza, ci confida Giorgio, risale a 10 anni fa in California.

All’aperitivo di benvenuto offerto dalla Famiglia Dazio, ha poi fatto seguito un gustosissimo pranzo a base di polenta, formaggio d’alpe ticinese Campo La Torba Vallemaggia DOP di diverse annate, cotechino e mortadella nostrani, torte, caffè e digestivi, tutto di produzione casalinga, accompagnati dal buon vino di Robin Garzoli (www.rombolau.ch), produttore di vino in Valle Maggia.

Nel pomeriggio gli ospiti hanno potuto visitare il caseificio e le antiche cantine dell’alpe. La vendita di tutti questi prodotti avviene direttamente sull’alpe come pure al negozietto self-service presso la stalla di Fusio. La gente prende quello che ha bisogno e lascia i soldi.

La giornata è poi terminata con la visita alla suggestiva chiesetta di Mogno, spazzata via da una valanga nel 1986 e fatta ricostruire 10 anni più tardi sulla base di un progetto molto rivoluzionario dell’Arch. Mario Botta.