Resoconto gita ATIAF alpeggi Lucomagno
In una fresca ma soleggiata giornata estiva di inizio agosto, si è tenuta la visita agli alpi di Pertusio e Piansegno nella zona del passo Lucomagno, alla presenza di 31 partecipanti tra soci ATIAF e simpatizzanti, e pure alcuni simpatici e interessati bambini.
Partendo da Casaccia il gruppo si è spostato a piedi verso l’alpe Pertusio, il quale appartiene al Patriziato di Castro. Questo alpeggio, caricato con quasi 50 vacche da latte di proprietà del giovane e promettente allevatore Matthias Vitali, il quale – pur avendo iniziato l’attività con molta passione ma senza essere cresciuto nell’ambito agricolo – vanta già innumerevoli premi e riconoscimenti sia per le bovine di razza allevate sia per l’eccellente formaggio prodotto. In precedenza questo alpe è stato caricato dai fratelli Truaisch per circa 40 anni. Ad accoglierci all’alpe Pertusio c’era infatti Marino Truaisch che ci ha spiegato, anche con un pizzico di nostalgia, le particolarità storiche e geografiche dell’alpe e ci ha invitati a degustare formaggio d’alpe Pertusio DOP di diverse annate, formagella e latte fresco di mungitura. Nel frattempo il fratello Luigi Truaisch custodiva le vacche al pascolo alla corte di Rondadüra, zona ricca di vene calcaree che ne determinano la flora.
L’alpe Pertusio si situa a 1828 msm. Il nome deriva da pertugio, in quanto è situato sotto una parete verticale di roccia, dove alla base sgorga la sorgente del fiume Brenno, che percorre tutta la valle per poi sfociare nel Ticino. Il fiume nasce in una zona prettamente carsica, presenta numerose doline ed inghiottitoi dove i ruscelli scompaiono nel sottosuolo per poi ricomparire da una nuova sorgente.
Qui vengono prodotte, a dipendenza della quantità di latte e del periodo stagionale, 5-8 forme di formaggio al giorno (ca. 900 all’anno) dalle sapienti mani della brava casara Eva proveniente dalla regione del Bergamasco, come pure i pastori e gli aiutanti sull’alpe.
Si tratta di un alpe ultracentenario, la costruzione con tetto in piode risale infatti ad inizio 1900 tutt’ora sprovvista di corrente elettrica (c’è però un generatore), dove il locale adibito a caseificio è ancora attiguo alla zona soggiorno e al dormitorio. Attualmente la caldaia del latte viene ancora scaldata con il fuoco diretto dell’attiguo focolare, posta su un carrello che permette di scaldare parallelamente una seconda caldaia più piccola per l’acqua, una rarità ai giorni nostri. È previsto un progetto di ammodernamento nei prossimi anni per un investimento di ca. 1 mio di franchi nella zona dove si trova attualmente la cantina con estensione del locale attuale ed aggiunta del caseificio e di un piccolo spazio vendita, per rispecchiare gli standard richiesti oggigiorno, mentre lo storico cascinale verrà unicamente adibito ad abitazione e dormitorio per il personale.
Successivamente il gruppo si è incamminato attraverso l’alpe Gana, Campo Solario, Stabbio Nuovo, Lareccio, attarversando poi la pregiata riserva forestale di Selvasecca. Questa è costituita da una superficie di ca. 100 ettari di bosco molto antico di pino cembro (alcuni sono vecchi anche di 3 secoli), il cosiddetto bosco sacro raro (Lucus magnus). Essa sorge su un’isola di roccia primitiva intensamente modellata dai ghiacciai, ed è considerata come una specie di monumento naturale, spontaneo ed in piena autonomia. Dal 2005 quando l’Assemblea patriziale di Olivone, Campo e Largario si riunì per ratificare con il Cantone la Convenzione per l’istituzione della riserva, il Patriziato generale rinunciava così volontariamente alla gestione forestale. Rientra nel quadro di promozione della biodiversità nel bosco (bosco raro di pino cembro, abete rosso e pino mugo) e per almeno 50 anni è lasciato all’evoluzione naturale. È una riserva che convive nelle regioni limitrofe con le attività tradizionali di alpicoltura e selvicoltura, è però protetta dalla penetrazione del bestiame pascolante e dall’uomo, che è tenuto a non uscire dal sentiero ufficiale che la attraversa.
Ci è capitato di imbatterci in una nocciolaia (Nucifraga caryocatactes), un uccello che ha fatto dei semi delle pigne di pino cembro uno dei suoi principali alimenti. È infatti indispensabile per il ringiovanimeto del bosco di cembro e fondamentale per la sua diffusione, grazie alla sua pratica di accumulare scorte di semi (li nasconde nel terreno) che non riesce più a trovare successivamente, e diventano poi semi che riescono a germinare e alberi che cresceranno. Lungo il sentiero abbiamo infatti trovato numerose pigne svuotate dei loro semi. Questo rappresenta un singolare ed esemplare rapporto simbiotico che porta vantaggi a entrambi.
Da Acquacalda il gruppo ha poi raggiunto l’alpe Piansegno-Lucomagno a 1668 msm. Questo alpe appartiene al Patriziato di Olivone, ed è gestito dai Boggesi del Lucomagno. È il secondo alpe più grande del Ticino, dove il carico avviene infatti ancora con ca. 220 vacche appartenenti a una decina di diversi proprietari. Le vacche pascolano per la maggior parte della stagione all’ampia corte di Casaccia (zona pure caratterizzata da vene calcaree), dove lo sfruttamento del territorio è ancora retto da diritti di pascolo di origine medievale. Le vacche vengono munte e il latte viene poi trasportato a Pian Segno per la lavorazione. Vengono prodotte ca. 57 forme al giorno (ca. 3’200 all’anno) dalle sapienti mani del modesto ma molto competente casaro Giacomo, genovese d’origine. Dopo un ricco aperitivo con degustazione di ottimi formaggi di diverse annate dell’alpe Piansegno DOP e l’interessante visita al caseificio, la giornata si è conclusa con il pranzo a base di polenta e prodotti dell’alpe in occasione della festa di Gioventù Rurale Bleniese, allietata da musica popolare e tanta allegria.