Visita al Caseificio di Parmigiano Reggiano Albalat e Magazzini di Maturazione Granterre – 29.05.2014

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Il 29 maggio scorso ATIAF, con l’apprezzata collaborazione della ditta importatrice di formaggi Cetra Alimentari SA con sede a Mezzovico, ha organizzato un’entusiasmante trasferta alla scoperta del Parmigiano Reggiano, alla quale hanno partecipato poco meno di 40 persone tra soci ed accompagnatori. Ad accoglierci di buon mattino al Caseificio Albalat di Albareto (in provincia di Modena), il capo-casaro che ci ha introdotto con grande orgoglio alla produzione di questo saporitissimo formaggio. Il Parmigiano Reggiano è infatti anche noto come il Re dei Formaggi italiani, per il suoi aromi sorprendenti ed inimitabili. Viene prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra il Po e il Reno. E’ in questo territorio che si concentrano i circa quattromila allevamenti di bovine la cui alimentazione è curata nel rispetto di un rigido regolamento che impedisce l’uso di foraggi insilati e alimenti fermentati. Il Caseificio Albalat di Albareto ha una capacità complessiva annua di latte trasformato di circa 160’000 quintali, conta 23 dipendenti addetti all’impianto del siero e ai magazzini di stagionatura, ed è controllato, come pure altri caseifici, dal gruppo Granterre. Il Gruppo Granterre rappresenta la principale realtà al mondo nel settore lattiero-caseario per la produzione, stagionatura e commercializzazione del Parmigiano Reggiano, poi messo sul mercato da Parmareggio SpA. La produzione diretta di latte nelle fattorie affiliate al Gruppo è determinante per la sviluppo e la qualità della produzione casearia. La quasi totalità del foraggio necessario ad alimentare le bovine viene prodotto nei circa 1’000 ettari di terreno in proprietà della Cooperativa a cui si aggiunge il conferimento di soci produttori foraggio, consentendo un controllo qualitativo completo della filiera produttiva. Parmareggio SpA impiega poco meno di 300 persone tra dirigenti, impiegati e tecnici e operai, per un fatturato annuo di quasi 200 mio di Euro. Le forme di formaggio Parmigiano Reggiano conferite, insieme alla produzione diretta, sono circa 200’000 all’anno.
I costanti controlli sul latte avviato alla trasformazione (effettuati 2 volte al mese nelle stalle di provenienza del latte) hanno un obiettivo preciso: mantenerne alta la qualità e quelle particolari caratteristiche che consentono al Parmigiano Reggiano di confermarsi un prodotto d’eccellenza del tutto naturale, assolutamente privo di additivi o conservanti. Custodi e interpreti dei segreti legati all’assoluta artigianalità della lavorazione del latte, sono i maestri casari, che in centinaia di caseifici artigianali compiono quotidianamente gli stessi gesti, ma alla cui personale esperienza e sensibilità si legano indissolubilmente risultati diversamente apprezzabili per gusti e profumi.
Ogni giorno al caseificio Albalat, i circa 250 q di latte della mungitura serale vengono lasciati riposare in ampie vasche sino al mattino ad una temperatura di 20°C, nelle quali affiora spontaneamente la parte grassa (panna), poi separata e destinata alla produzione di burro. Insieme al latte intero della mungitura del mattino appena giunto dagli allevamenti, il latte scremato della sera viene poi versato nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata di una capacità di circa 10 q l’una (al caseificio Albalat vengono riempite di latte quotidianamente 40 caldaie). La miscela di latte viene poi riscaldata a 33°C e con l’aggiunta di caglio di vitello e del siero innesto, ricco di fermenti lattici naturali ottenuti dalla lavorazione del giorno precedente, esso coagula in una decina di minuti e dopo un riposo di circa mezz’ora la cagliata viene poi frammentata in minuscoli granuli grazie ad un attrezzo detto spino. La cagliata viene poi portata ad una cottura che raggiunge i 55°C, al termine della quale i granuli caseosi precipitano sul fondo della caldaia formando un’unica massa. Dopo circa 50 minuti, la massa caseosa viene estratta con sapienti movimenti dal casaro. Tagliato in due parti (da una caldaia di latte vengono infatti sempre ricavate 2 forme) e avvolto nella tipica tela, il formaggio viene immesso in una fascera per 2 giorni che gli darà la sua forma definitiva. Con l’applicazione di una placca di caseina, ogni forma viene contrassegnata con un numero unico e progressivo che l’accompagnerà proprio come una carta d’identità. Inoltre una speciale fascia marchiante incide sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza delle forme. Successivamente la forma viene immessa in una pressa d’acciaio per altri 2 giorni (e voltata automaticamente 2 volte al giorno). Al 4. giorno dalla produzione le forme vengono poi immerse in una soluzione satura di acqua e sale: si tratta di una salatura per assorbimento osmotico che dura una ventina di giorni, condizione indispendabile per la stagionatura.
Collegato al caseificio Albalat abbiamo visitato un primo magazzino di stagionatura, contenente circa 120’000 forme, tenute a temperatura e umidità costanti 17-18°C / 70% r.h. estate/inverno. Esattamente il 29 maggio di due anni prima, nel 2012, la struttura è stata completamente rasa al suolo dalle forti scosse di terremoto che hanno colpito la regione, causando danni ingentissimi e la perdita di parte integrante delle forme dimorate lì a stagionare (in parte poi rivenduto in Olanda per la fabbricazione di formaggio fuso). Ora questa struttura è stata completamente ricostruita con sofisticati parametri antisismici.
Dopo la visita al caseificio ha poi fatto seguito la visita ad un secondo Magazzino di stagionatura delle Tagliate a Montecavolo di Quattro in provincia di Reggio Emilia. Magazzini Generali delle Tagliate SpA è una società del Gruppo Bancario Credito Emiliano (CREDEM). In totale hanno in dimora di circa 500’000 forme per la stagionatura. Moderni impianti di climatizzazione degli ambienti assicurano un clima costante, evitando sbalzi di temperatura e umidità: ciò favorisce l’ottenimento di migliori caratteristiche qualitative del prodotto (minor percentuale di scarto, crosta meno spessa) e una maturazione ottimale del formaggio. Personale esperto e competente, supportato da macchinari tecnologicamente all’avanguardia, garantiscono la manutenzione delle forme, che viene effettuata utilizzando pulitrici e rivoltatrici automatiche; periodiche spazzolature manuali (ogni 15 giorni) consentono inoltre di controllare eventuali difetti di stagionatura. Dipendenti specializzati, iscritti al ruolo dei periti battitori, certificano lo stato delle merci e rilasciano perizie da allegare alle Fedi di deposito e alle Note di pegno. Nel silenzio dei magazzini le forme di circa 40 kg l’una si rincorrono in lunghe file. Lasciato riposare su tavole di legno, la parte esterna del formaggio si asciuga formando una crosta naturale, senza trattamenti, perciò perfettamente edibile. Quella del Parmigiano Reggiano è una storia lunga, ma è anche una storia lenta, che scorre al naturale ritmo delle stagioni. La stagionatura minima è infatti di dodici mesi, ed è solo a quel punto che si potrà dire se ogni singola forma potrà conservare il nome che le è stato impresso all’origine e proseguire la stagionatura per 24 mesi e oltre. Gli esperti del Consorzio di tutela le esaminano una ad una. Dopo la verifica dell’organismo di controllo, viene applicato il bollo a fuoco sulle forme che hanno i requisiti della Denominazione d’origine Protetta (DOP). Alle forme che non presentano i requisiti per la DOP vengono asportati tutti i contrassegni e la scritta a puntini. Per i maestri casari è uno dei momenti più delicati, e per i consumatori è la fase più importante: è il momento della selezione e della certificazione di una garanzia assoluta sul prodotto. Sul formaggio che viene avviato al consumo come fresco (un termine che può suonare curioso per un prodotto che ha già un anno di maturazione) vengono incisi solchi paralleli che lo rendono immediatamente riconoscibile dai consumatori. Questo é il Parmigiano Reggiano di seconda categoria detto “Mezzano”. A 18 mesi, su richiesta, alle forme può essere apposto il marchio “Extra” o “Export”, ma è soprattutto un sistema di bollini colorati che aiuterà il consumatore a individuare il grado di stagionatura del prodotto preconfezionato disponibile nei punti di vendita. Un bollino color aragosta caratterizza il Parmigiano Reggiano con oltre 18 mesi di stagionatura. E’ un prodotto che presenta una base lattica piuttosto accentuata, con note vegetali quali erba, fiori e frutta che lo rendono ideale per spuntini e aperitivi. Un bollino argento individua il formaggio con una stagionatura di oltre 22 mesi, con aromi che si vanno decisamente accentuando. Tra questi si possono apprezzare note di frutta fresca e agrumi, accanto ai quali fanno la loro comparsa cenni di frutta secca. Un bollino oro, infine, rende riconoscibile il prodotto con oltre 30 mesi di stagionatura, il più deciso nel sapore e complesso negli aromi, con elementi nutritivi che sono andati concentrandosi proprio nella lunga e lenta maturazione. Durante la stagionatura, il Parmigiano Reggiano acquista inoltre la sua tipica struttura granulosa, la frattura a scaglia, diventa friabile e solubile.
L’esperto designato compie la valutazione della qualità di questo formaggio dopo un attento controllo.  Per farlo ci vogliono grande esperienza ed una particolare finezza tattile, di udito e di odorato. Gli strumenti dell’esperto sono il martelletto percussore, l’ago a vite e la sonda. Le operazioni dell’esperto sono dapprima l’esame visivo esterno della forma per accertare la conformità dei marchi e della crosta, a cui fa seguito la percussione del martelletto sulla forma. Da questa operazione ricava un giudizio sulla struttura interna del formaggio. La spillatura viene poi eseguita estraendo una minima quantità di pasta per mezzo dell’ago a vite. La resistenza che la pasta oppone alla penetrazione dà indicazioni sulla sua consistenza. La pasta estratta rivela l’aroma e il grado di maturazione. Eccezionalmente, nel caso di incertezze di giudizio, viene effettuata anche la tassellatura con una sonda.
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Per tagliare il Parmigiano Reggiano, si deve necessariamente usare un coltello caratteristico, a lama corta e appuntita, dalla forma a mandorla. La forma di Parmigiano Reggiano quindi non si taglia ma si apre orizzontalmente per mantenere intatta la struttura interna e la naturale granulosità. Con la punta del coltello a mandorla si traccia una linea che divide la forma a metà, sul diametro delle due facce, proseguendo sullo scalzo. Si incide la crosta lungo questa linea penetrando a tratti con il coltello per una profondità di qualche centimetro: ai due punti estremi del diametro di una delle facce, nelle metà del fianco, si conficcano con vigore 2 coltelli a mandorla. In questo modo, funzionando da cuneo, la forza sviluppata fa aprire la forma di Parmigiano Reggiano in due metà. Questo procedimento richiede esperienza ed attenzione perché l’apertura risulta perfetta solo se la struttura interna del formaggio è stata messa in grado di opporre la stessa resistenza sia nell’una che nell’altra metà. Anche le incisioni successive come il taglio o il minutamento, devono avvenire con lo stesso metodo. Per cui, una metà viene divisa ulteriormente in due parti uguali, che a loro volta verranno divise in altre parti uguali. In questo modo si ottengono da una forma pezzi di Parmigiano Reggiano che hanno le stesse proporzioni fra pasta e crosta esterna.
La visita alla struttura si è poi conclusa con un’entusiasmante degustazione di ottimo Parmigiano Reggiano di 12 mesi, 24 mesi e 36 mesi di stagionatura, abbinata (come da tradizione) a vino lambrusco di produzione locale.
Il Parmigiano Reggiano dal punto di vista nutrizionale contiene solo il 30% di acqua e ben il 70% di sostanze nutritive: per questo motivo è un formaggio ricchissimo di proteine, vitamine e minerali. La componente proteica del Parmigiano Reggiano si caratterizza per la ricchezza in aminoacidi essenziali (per cui risulta utile l’aggiunta alla pasta per completare lo spettro aminoacidico del frumento, carente in lisina) e per la facilità di assimilazione poiché, in seguito all’azione degli enzimi proteolitici presenti nel latte e nel sieroinnesto, la caseina subisce  durante la stagionatura  modificazioni paragonabili ad una predigestione che porta alla formazione di composti a peso molecolare sempre più basso, fino ad aminoacidi liberi in grado di venire prontamente assorbiti e di stimolare la secrezione gastrica sia acida che pepsinica. La componente lipidica è quella di un formaggio semi-grasso, essendo prodotto con latte parzialmente scremato: il Parmigiano Reggiano ha infatti un contenuto in grassi, sul secco, inferiore a quello della maggior parte degli altri formaggi. I carboidrati sono praticamente assenti nel Parmigiano Reggiano che si caratterizza per l’assenza di lattosio, che scompare nelle primissime ore di vita del prodotto essendo l trasformazione di questo in acido lattico e la collegata immediata acidificazione del mezzo uno dei cardini del peculiare processo produttivo. Per ottenere 1 kg di Parmigiano Reggiano occorrono ben 16 litri di latte pregiato della zona d’origine, per uan forma di circa 40 kg servono circa 600 litri di latte.
Dopo il pranzo conviviale al Ristorante a conduzione familiare ‘Da Cattini’ a Montecavolo di Quattro, gentilmente offerto a tutti i partecipanti da Parmareggio SPA, prima del rientro, è stata molto apprezzata anche la visita alla Fattoria Rossi, che sorge ai piedi delle colline reggiane. È un’azienda a conduzione familiare da 15 anni ormai, che da generazioni lavora per produrre questo formaggio occupandosi di ogni singolo passaggio: dalla nascita dei bovini, alla produzione del latte fino ad arrivare alla trasformazione e commercializzazione. Conta circa 300 capi di bestiame prevalentemente di razza Frisona, nutrito a fieno e mangimi a base di cereali biologici certificati, produce circa 28 litri al giorno di latte per bovina. Gli animali nascono e crescono in azienda in ampi spazi aperti e nel pieno rispetto dei loro ritmi vitali e del loro benessere. Lo scopo principale della Fattoria Rossi è quello di puntare sull’alta qualità dei loro prodotti e non alla quantità. Il latte deriva dalla mungitura che avviene due volte al giorno di un centinaio di capi di bestiame i quali arrivano a fornirne una quantità tale da poter produrre circa sei forme di formaggio al giorno.
Viaggiando a ritroso nella storia, le origini del Parmigiano Reggiano risalgono al Medioevo. Le intense attività agricole e di bonifica dei terreni legate ai monasteri dei Benedettini e dei Cistercensi della pianura di Parma e Reggio Emilia portarono allo sviluppo delle grancie, aziende agricole dove si iniziò a sviluppare l’allevamento di vacche utili ai lavori agricoli e alla produzione di latte. Iniziò così lo sviluppo di una produzione di formaggio resa possibile grazie alla disponibilità di sale proveniente dalle saline di Salsomaggiore, che ha caratterizzato fortemente i territori d’origine e la loro agricoltura. In particolare, i monaci furono i primi produttori di Parmigiano Reggiano, spinti dalla ricerca di un formaggio che durasse nel tempo. Ottennero questo risultato asciugando la pasta e aumentando le dimensioni delle forme, consentendo così al formaggio di conservarsi. La produzione più stimata commercialmente andava dal formaggio maggengo al settembrino, quindi nei mesi in cui le vacche potevano sfruttare gli abbondanti pascoli della pianura. Con Napoleone, all’inizio del XIX, secolo i grandi possedimenti ecclesiastici vengono cancellati e le terre acquistate dalla borghesia. La storia contemporanea ci insegna che il Parmigiano Reggiano nel corso dei secoli non ha cambiato le modalità produttive di base: oggi come nel Medioevo la produzione avviene in modo naturale, senza additivi. Ma all’inizio del 1900 avviene l’introduzione di alcune importanti innovazioni, ancora attuali, come l’uso del siero innesto e del riscaldamento a vapore, che migliorano la qualità del formaggio e cambiano lentamente l’assetto dei caseifici. Per la tenuta produttiva, un grosso aiuto viene dall’introduzione come forma societaria delle cooperative. La necessità di tutelare il prodotto da formaggi simili, che cominciano ad affermarsi sulle piazze mercantili e che sono confusi con il Parmigiano ed il Reggiano, porta alla formazione del Consorzio. Nel 1937 la zona di produzione viene definita con i confini che sono quelli attuali, comprendendo anche i territori della provincia di Bologna (sinistra Reno): infine, il termine Parmigiano Reggiano venne ufficializzato per la prima volta nel 1938. Nel 1955 sono definite le caratteristiche del prodotto (lo Standard di produzione) e negli anni successivi vengono definite meglio le finalità ed i compiti del Consorzio (a cui aderiscono volontariamente tutti i caseifici produttori), che sono la tutela del prodotto, la sua promozione e il miglioramento tecnico. Negli anni successivi viene scritto il Regolamento di alimentazione delle bovine, nel quale i produttori fanno una scelta fondamentale, che permane tuttora; quella di bandire l’uso dei foraggi insilati nella produzione del latte e, parallelamente, di proibire gli additivi e i conservanti nella produzione del formaggio, pratica che invece si va diffondendo nella zona a nord del Po. Si creano così le premesse per quella distinzione e quel miglioramento qualitativo ed organolettico che portano il Parmigiano Reggiano ad essere apprezzato in tutto il mondo.

(per maggiori informazioni: www.parmigianoreggiano.it; www.fattoriarossi.it)